Alla ricerca di Elea

 
          di Antonio Dal Canton

 

I Focesi hanno scritto una delle pagine di storia più belle e più dense tra quelle che suscitano meraviglia e danno la misura della ricchezza di una cultura che rappresenta la fondazione della nostra. I Focesi si erano già distinti per intrepidezza ed intraprendenza spingendosi fino al mare occidentale a fondare una delle colonie più remote, Marsiglia. Tre secoli dopo, Focea subisce l'oltraggio della conquista persiana e soffre in modo intollerabile la privazione della libertà. I Focesi non ci stanno e decidono di abbandonare in massa la patria per crearsene una nuova in Occidente, seguendo la scia degli antenati massalioti.
E' difficile per un uomo di oggi immaginare una scena nella quale il popolo di una città intera decide di andarsene via portando con sé masserizie, vecchi, bambini, ricordi, i grandi e piccoli oggetti che appartengono alla storia della famiglia, tutto, lasciando dietro di sé un vuoto totale, irreversibile, per andare incontro ad un futuro difficilmente prevedibile, sostanzialmente indecifrabile. I Focesi hanno il coraggio che viene dalla fierezza della propria identità e sono grandi marinai, così navigano intorno alla penisola italiana e, bordeggiando le coste della Corsica, trovano una pianura aperta, in cui una fiumara sfocia impaludandosi, garantendo la provvigione d'acqua. Il mare è blu e profondo simile a quello lasciato nella patria, così decidono di fondarvi la città nuova ed in poco tempo tracciano le strade, nascono le case, si consacrano i templi e si costruisce un porto da cui escono le navi per il commercio e la pirateria. Ma il Tirreno appartiene già ad altri che gli hanno dato il nome ed è nei desideri di conquista dei Punici che incalzano dal nord Africa.

I Focesi sono un terzo incomodo e vengono trattati come nemico. Una battaglia navale decisiva poco al largo delle coste della città nuova Alalia li vede perdenti. Così di nuovo ed ancora frettolosamente devono riprendere il mare, ancora una volta portando tutto con sé. Scendono lungo le coste dell'Italia tirrenica, immagino esplorandole alla ricerca di un luogo nuovo dove ritentare la sorte di una nuova fondazione. L'incontro si verifica nel sud della Campania, quando deve essere apparso come un miraggio un luogo disegnato apposta per fondare una città: un’altura scoscesa su due fianchi aggetta fino al mare, luogo ideale per una acropoli, e sui due lati si estende una piccola, ma fertile pianura solcata da due piccoli fiumi che sfociano nel mare, lambendo i lati della rocca pietrosa. La città questa volta prende radici e fiorisce. Si chiama Elea e rappresenterà un punto focale dello sviluppo della cultura non solo della Grecia, ma di tutti noi. Il coraggio e la fantasia dei Focesi generano l'arditezza delle menti di Zenone, l'artista del paradosso, la provocazione di Achille che non raggiungerà mai la tartaruga, e Parmenide, ispiratore di Platone con il suo oscuro essere indefinibile, forse eco di una visitazione della cultura vedica, misterioso, inquietante.

Oggi Elea ha il fascino di uno scavo recente, dal terreno emergono frammenti di cocci e me ne sono riempito le tasche. Sull'acropoli la fondazione del tempio greco supporta una torre medievale, all'ingresso della città resiste una porta bellissima: la porta Rosa. Il paesaggio è incontaminato. L'ho visitata spesso ed il mio incontro più straordinario è stato con una piccola rana di colore rosso sangue che stava ferma su una pietra delle mura senza paura. Forse era un dio travestito.